R E C L A M O 25

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I detenuti del carcere di San Vittore hanno realizzato una t-shirt per reclamizzare "il due.it", il loro giornale online. Presentano l'iniziativa (nel sito) con poche e precise parole:

"Anche noi abbiamo fatto una t-shirt, è in puro cotone, bianca come la neve, due colori, costa 10 Euro più spese postali. Per ordinarla, scrivete a emilia@ildue.it."

"Anche noi abbiamo fatto una t-shirt" sembra un "alzare le mani", questa volta in senso metaforico e tranquillo, non timoroso ma quasi timido, per scusarsi d'averlo fatto. Nessuno punta armi in faccia a nessuno. In altre zone purtroppo sì, si stanno preparando, ma il discorso fa parte di un diverso capitolo.
Una t-shirt è un normale mezzo di comunicazione pubblicitaria; a volte è un regalo promozionale, altre volte il suo acquisto è un gesto di solidarietà, sempre con funzione di promozione, di trasmissione del messaggio, di un passaparola visivo.

Questa dei detenuti di San Vittore è una bella maglietta. Il breve testo di presentazione è scritto con una semplice formula commerciale, ma traspare una condizione sentimentale molto forte. Che la t-shirt sia bianca lo si vede dalla foto, quindi un comune pubblicitario avrebbe fatto a meno di indicarlo. Ma un detenuto che fa della pubblicità non può tralasciare questa qualità del colore (condizione), e qui sta la sua forza emotiva, la sua bravura. Probabile che sia solo un modo di dire, ma quel "bianca come la neve" non è più un colore, una similitudine con il candore del tessuto, è invece un vero e proprio paesaggio, uno spazio che sta fuori, al di là di una finestra con le grate. Sensazione personale: quella neve sa di fresca libertà (mentre il fresco, ovvio, qui non è un sinonimo bensì realtà dura e cruda). La neve come paesaggio, come esterno, è un desiderio. Una speranza. Una possibilità. Una necessità. Probabile che quel "bianca come la neve" sia semplicemente un modo di dire, più merceologico che paesaggistico. Ma non ci giurerei.
Questa dei detenuti di San Vittore è una bella maglietta anche nel senso estetico. Le parole (il carattere inchiostrato di una vecchia macchina per scrivere) sono un indirizzo internet; l'immagine è un mazzo di cinque chiavi infilate in un anellone che non lascia dubbi; non sono certo le chiavi della cantina di casa. L'anello cerchia il nome "il due" che è stampato in rosso. E' una immagine semplificata, una linea grafica e basta, un marchio azzeccato, anche se terribile.

Il sito online ha la stessa immagine della t-shirt, con una chiave sciolta, rossa, che serve per entrare. Perché "ildue" si chiama così lo spiegano gli uomini e le donne de ildue.it:

"perché dal "Due", da piazza Filangieri 2, a Milano, cioè dal carcere, vogliono uscire. Vogliono uscire corpi, ma vogliono uscire anche parole e immagini. Per avere più spazio, per dialogare con quelli che stanno fuori, per costruire qualcosa insieme. Per sentirsi vivi. Per farlo si sono messi insieme donne e uomini liberi, donne e uomini prigionieri".

Ildue.it è un giornale fatto molto bene, da leggere, vedere, stampare. Riflettere. Ci sono molti temi, argomenti, articoli, fotografie, e qualche racconto. Ci sono dei link che vi portano in altri giornali di questo tipo. O in altre carceri. Andateci. Liberamente. Nel senso che vi farà bene alla zucca.

Una etimologia. Gattabuia non deriverebbe da gattaiola buia (piccola apertura in fondo agli usci che permette il passaggio dei gatti), ma da "catuia", latino volgare, che deriva dal greco katógeia", sotterranei.

Massimo De Nardo

www.ildue.it

 

 

 

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