Yes comment

Ancora sui manifesti dell'Università di Macerata "La buona educazione"

Uno che passa, sono uno dei tanti, tra i muri delle città o per le pagine di internet: ho visto i manifesti e ho per un po’ seguito la polemica. Con stupore, devo dire. Non sono schierato sul campo della polemos, non ho armi in questo viaggio. Lungo le strade e dallo schermo quei ragazzi m’hanno accompagnato i pensieri e richiamato immagini. La prima ed insistente il Simbolo del Tao ma non trovavo il nesso. Poi, passo passo, un’intuizione del senso s’è fatta strada: dove il nero si fa dominante compare il germe del bianco e viceversa. Nel colmo dello Yin c’è il germe dello Yang. Tutto nell’incessante mutazione del confronto degli opposti.
Oriente e Occidente sono opposti, che, per coincidenza iniziano con l’ellisse della stessa lettera.
E, Dante, nel trentatre del paradiso, li fa cantare a San Bernardo, come Benigni da Commosso Giullare ci disvelava a Natale scorso.
In ogni abbazia troviamo sempre l’immagine del demonio con tanto di corna coda e zoccoletti caprini. I bravi monaci, copiando e ricopiando in preghiera, avevano voluto tradurre, seppure con diversi riti, l’immagine del grande Pan in quella familiare del nostro diavoletto. Caro Pan, mezzo uomo e mezzo caprone, selvaggio, dio minore dal fallo eretto, affamato, pronto a violentare. Brutale? Volgare? Sguaiato? Impudico? Necessario?

Gli Ateniesi, dopo Maratona, gli eressero un santuario sull’Acropoli. La grotta di Pan si affaccia sull’Agorà. Il pensiero ordinato dei colonnati riconobbe la propria forza originare dal primitivo kaos, liberando l’etica dalla morale.
Quando invece una qualsiasi morale ha schiacciato l’etica ha sempre generato orrore: dal genocidio dei maya, alla chiusura dei culti nell’ex unione sovietica. Orrore e morte.
“Il grande Pan è morto” annunciava una voce ai marinai in bonaccia mentre sorgeva il Cristianesimo e, di deicidio in deicidio, siamo arrivati ad oggi. Cerchiamo di non commettere l’ennesimo.

Un gestaccio può essere tante cose ma, con un sorriso, addirittura denuncia: “Castiga ridendo mores”; il limite segnato d’una scelta etica; la morte necessaria alla vita… “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.
Può anche essere sacro. Stavano sorridenti e immobili i kouroi sulle tombe, i loro corpi adolescenti come raggi di sole, prima della sera: etica della vita, mistero e, insieme, autentica conoscenza.
Ai nostri kouros, oggi, non basta più stare fermi, perché l’occhio moderno inflazionato com’è il corpo vede solo le estremità; che compiano gesti estremi allora, purché qualcuno ne riconosca il sorriso.

Uno che passa (Ubaldo Sagripanti)