La pubblicità dell'Università di Macerata

La professoressa Annamaria Testa, ex copywriter, si esprime con il cuore: "E' una porcheria".
Ancora si nomina la pubblicità dell'Università di Macerata. Sì, quella dei gestacci volgarissimi, che ha avuto il privilegio del commento su vari giornali nazionali: una ragazza sorridente fa una boccaccia, una ragazza sorridente fa il gesto col braccio, un ragazzo sorridente fa le corna. Basta, per favore, parliamo d'altro. La supplica arriva da chi quella pubblicità l'ha pensata, scritta, fotografata, impaginata e messa in circolazione: agenzia Iceberg di Macerata. C'è fermento in provincia. Però, scusate la replica, dobbiamo rispondere, perché a scomodare materia grigia da ultima è stata nientepopodimenoche la signora Annamaria Testa, ex copywriter di grido e buone idee, attualmente docente di Tecniche della comunicazione creativa presso la facoltà di Scienze della comunicazione all'Università IULM di Milano.

La signora Testa è stata la direttrice scientifica di un convegno sulla creatività e l'innovazione, "Nuovo e utile", che si è svolto a Firenze dal 28 al 29 settembre. Roba da far tremare polsi e colletti, quando ti chiedono: ma la creatività che roba è, come nasce, perché uno è creativo (tanto da meritarsi un "vieni avanti, creativo") e un altro è banalotto? Chissà!
Succede che un giornalista del Corriere della Sera, illustrando sul quotidiano del 26 settembre il sopra citato convegno, chieda alla signora Testa una risposta bignamina su pubblicità e trasgressione. "La vera creatività - dice l'ex copy - contiene una trasgressione, ma non è vero che ogni trasgressione sia creativa". Sottoscriviamo. Dopo tutto, siamo colleghi dell'Annamaria ex copywriter. Il giornalista, tra le tante pubblicità cafone che ci sono in giro, quale ti va a scegliere? Indovinato. La pubblicità dell'Università di Macerata. Ormai è un classico. E così chiede un parere. La signora Testa molla subito un giudizio duro come una capocciata: "E' una porcheria in tutti i sensi." Caspita, gente, questo è parlar chiaro. Però è veder male. Perdonateci, ma dobbiamo ripetere quanto da noi detto in altre difese (ormai siamo allo stremo): quei ragazzi con i loro gesti sono maleducati (ma non volgari), alla loro maleducazione si contrappone la buona educazione dell'Università di Macerata, che è anche guida (educare nel senso del condurre, guidare) nella scelta di una facoltà eccetera eccetera. La signora Testa dice che in pubblicità conta più l'immagine del testo, il gesto più che la scritta. Quindi, l'osservatore memorizza solo i gestacci e non gestacci e frase insieme ("La buona educazione"), che dovrebbero far capire la leggerissima provocazione, attirando l'attenzione senza però urlare. Siamo davvero così ridotti a metà, così incapaci di unire immagini e testo? Eppure, la pubblicità dell'Università di Macerata ha fatto discutere proprio in virtù (o in difetto) del gesto abbinato alla scritta "buona educazione", e, soprattutto, dal fatto che fosse una università (oh gesùmmaria) a comunicare in volgare (che pare sia lingua resuscitata).

La docente della IULM dice che l'Università di Macerata non aveva nessun argomento valido per promuoversi, e che la pubblicità tradisce la mission del cliente. (Aperta parentesi: mission è una di quelle parole in stile "vieni avanti, creativo", da buttare, come la parola madre di tutte le inutilità che è "azienda leader nel settore". Chiusa parentesi). E quale sarebbe la missione, il fine che si propone l'Università di Macerata? La stessa di un paio di scarpe, di un'auto, di un deodorante, di una play station. Farsi notare (è così ovvio). A tutti i costi? Fatevi rispondere da chi i "costi" ce li ha alla voce "spesa per la comunicazione". Nel frattempo, l'Università di Macerata ha fatto conoscere le sue facoltà, i suoi servizi per gli studenti. Si è fatta notare. Mission impossible? Assolutamente no. E, tra l'altro, a basso costo.
Battuta finale: certo che chiedere ad una docente della IULM un giudizio sulla pubblicità di un'altra università è come chiedere ad uno della Renault cosa pensa della Fiat. Sotto sotto, non sarà pubblicità comparativa?

(30 settembre 2004)