Tre pubblicità,
prese da un settimanale: Ikea, L'espresso (promozione della collana
L'arte del Novecento), Ideal Standard. Il sottile filo dell'ambiguità
(o del doppio, inteso come trasformazione) lega le tre comunicazioni.
Sono pubblicità di qualche mese fa (aprile 2003 le prime due,
settembre 2003 la terza), ma i buoni concetti sanno reggere il cambio
di stagione.
Breve analisi di ciò che queste pubblicità ci mostrano.
Ikea. Mobili e complementi d'arredamento. La scelta è
su tre oggetti d'uso: sgabello, porta cd, scolapiatti. Il pay-off della
comunicazione è: "Spazio alle idee".
E l'idea si ripete nei rispettivi titoli. Scolapiatti: "Il
bello di una idea è che puoi cambiarla". Porta
cd: "Scoprite quante idee avete".
Sgabello: "Le nostre idee migliori non
sono le nostre". Sono titoli intercambiali, vanno bene
per ogni prodotto. L'ambiguità, qui svelata subito, è
nella funzione, sia pure improbabile, dell'oggetto. Lo sgabello ci viene
mostrato come un portaombrelli, il porta cd come un portapane, lo scolapiatti
come la mensola di una libreria. I testi sono uguali per i tre soggetti,
cambiano solo nella presentazione del prodotto. Quindi, basta ricopiarne
uno.
Il testo.
Facciamo di tutto per darti idee belle, semplici,
funzionali e accessibili. Ma sappiamo bene che ti basta un'occhiata
per vederle come ingredienti da mescolare, cambiare e reinventare secondo
il tuo gusto e la tua personalità. Così, quello che per
noi è uno sgabello, per te magari è un portaombrelli,
o chissà che altro ancora. In ogni caso un'idea unica con cui
potrai rendere la tua casa ancora più tua. Mai porre limiti all'immaginazione.
Mai sottovalutare un cliente Ikea.
E' chiaro che il cliente Ikea rimetterà a posto la funzione degli
oggetti, una volta a casa. Se utilizzerà lo sgabello come portaombrelli
dovrebbe, chissà, sedersi su un portaombrelli, il che è
presumibilmente scomodo. Lo scolapiatti come libreria? Solo per tomi
di un certo volume. Il porta cd potrà avere un futuro da pancarrè?
Tutto è possibile, visti i tempi.
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L'espresso
pubblicizza (pubblicizzava) l'Arte del Novecento, dall'Espressionismo
al Multimediale; 12 volumi rilegati di oltre 200 pagine ciascuno, con
più di 8500 riproduzioni. Il titolo per le varie proposte della
comunicazione è: "L'arte moderna
è ovunque. Basta saperla vedere". Le immagini
mostrano persone che, per la superficie sulla quale si riflettono, risultano
in parte deformate, specialmente nel volto. Una deformazione che suggerisce
un quadro o un autore famoso. Così l'uomo riflesso sul cofano
lucido di un Maggiolino Volkswagen ha l'espressione del celebre Grido
di Munch, smorfia derivata dal fatto che ha abbozzato il paraurti. Una
bocca spalancata e due mani che coprono le orecchie, una curvatura delle
forme e siamo già in una galleria d'arte prima d'arrivare dal
carrozziere.
Così la donna che ci porge un bicchiere ha il volto e il collo
di una modella di Modigliani per l'effetto lente del vetro. Occhi a
mandorla, naso piccolo e verticale, collo botticelliano e siamo già
tra Livorno e Parigi, anche se la mano dalle unghie lunghe e senza smalto
forse vuole suggerire un lavoro domestico. Resta vero il titolo, che
l'arte moderna è ovunque, basta saperla vedere. Visti i tempi,
siamo in pieno surrealismo, ma solo nel capitolo degli incubi, con l'onirico
trasformato in triste realtà.
Ideal Standard. La comunicazione dei sanitari Ideal Standard gioca
sull'ambiguità del personaggio (che invece una identità
ce l'ha, e anche molto di carattere): Platinette, trans da salotto tivvù,
over size nella taglia e nelle maniere di intrattenimento. L'immagine
ci fa vedere (un po' guardonescamente) Platinette in posa da pipì.
Lei ci guarda, con la severità di chi giustamente considera la
nostra presenza una intrusione.
La gonna lunga è calata a mo' di pantalone. La tavoletta potrebbe
invece tirarla su, ma ognuno nel proprio bagno si muove come vuole.
Il titolo è una sorta di aforisma, che non stonerebbe tra gli
ormai abusati aforismi di Oscar Wilde: "Ogni
donna ha il suo lato maschile. Il mio è semplicemente più
evidente". Niente male. Impensabile qualche anno fa.
Anche se, visti i tempi, di cose impensabili ce ne sono parecchie in
giro, in tutt'altri "gabinetti", e il brutto è che
le pensano e le fanno (senza pensarci tanto).
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Sono tre pubblicità che trasformano il soggetto in qualcos'altro,
che modificano un aspetto del reale: gli oggetti per Ikea, le persone
per L'espresso (che però sono "altre" solo in una determinata
situazione) e il personaggio/persona per Ideal Standard (che si mostra
per ciò che è, anche se "diverso" per parecchi
pseudo-normali o normalizzati).
A pensarle come pubblicità nel senso del linguaggio, della costruzione,
del racconto, dell'impaginazione, della creatività, sono di buona
qualità.
Nel gran carosello delle idiozie, la pubblicità ha un suo ruolo.
C'è chi afferma che la pubblicità legga una realtà
già scritta, c'è chi dice il contrario, che ne scriva
i codici, dètti i comportamenti, e noi, clienti comunque e ovunque,
agiamo con una volontà di scelta e di criterio molto prossima
alla data di scadenza. Fa niente. C'è sempre l'illusione di poter
cambiare scaffale. mdn
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Agenzia:
BGS |
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Agenzia:
Lowe Pirella |
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Agenzia:
Red Cell
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