CONTROSENSO

 

Sì, no. No, niente.
L'attimino ha fatto il suo corso, durando più d'un attimo. Adesso sono alla ribalta il "Sì, no" e "No, niente". Il "Sì, no" è un erede diretto del "Certo, però", che ancora regge, quando si dà ragione a qualcuno, ma subito gli si piazza davanti la "nostra" ragione e quindi il suo aver torto. Maniere garbate, velate, flou? Incapacità di mostrare schiettamente una opinione senza tergiversare. Niente di più irritante di qualcuno che ammette le tue ragioni, però… Il "Sì, no" è anche una sorta di anticipazione nervosa del discorso, che ha bisogno di un attacco, di una apertura (non proprio un rompere il ghiaccio), quasi un well americano utilizzato per iniziare una risposta. Il well è meno ambiguo, il made in usa non indugia, attacca subito (il doppio senso è voluto).
Da qualche tempo la nostra ambiguità si è rafforzata. Aveva comunque buone radici. Qualcuno di sicuro ricorda le "convergenze parallele", che non erano una battuta del geniale Flaiano, ma una realtà democristiana.
Il "No, niente", che funge da prefazione a un discorso, sa di autolesionismo, di mancanza di fiducia nelle nostre argomentazioni, quasi a considerare quello che andremo a dire di poco valore, insignificante. Un niente, appunto.
Ad esagerare in categorie, il "Sì, no" appartiene ai potenzialmente prepotenti, il "No, niente" appartiene ai timidi.

Chiedete ad un residente di Arcore (uno a caso) se l'Italia, per Costituzione (e anche per conformazione fisica), ripudia la guerra. Risponderà, come ha fatto: "Sì" - poi appresso - "No". Vale il voto dell'Onu? "Sì, no". Vale il giudizio della Corte di Cassazione per far cambiare provincia ad un processo? Sì, se cambiava provincia; No, poiché resta nel capoluogo lombardo.
Abbiamo forse qualcosa da ridire, noi che non siamo popolo (l'ha detto l'uomo di Arcore), dal momento che questo governo non ha avuto il nostro telecomando? No, niente? Proviamo a cercare nuove parole. Per cominciare, anche solo per cominciare un altro discorso.

 

mdn