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Un graffito
diventa una lapide commemorativa. A Tolentino (MC), sulla facciata di
un palazzo, lungo Corso Garibaldi, una sessantina di anni fa qualcuno
ha scritto, graffiando l'intonaco:
GLORIA AI MARTIRI DI MONTALDO
TRUCIDATI DA MANO FRATRICIDA
Il Comune ha protetto il graffito con una lastra di cristallo. Una targhetta
ci informa che: Questo graffito - tracciato da mano
anonima nell'immediato dopoguerra per ricordare l'eccidio di Montalto
del 22 marzo 1944 - seppe testimoniare in modo non ufficiale né
retorico quell'evento, raccontandolo in poche righe meglio di qualsiasi
storico.
Quando scattiamo qualche foto al graffito e scriviamo su un taccuino il
testo della targhetta, alcuni passanti si fermano. Qualcuno ci dice che
"saranno un paio di mesi che il Comune ha fatto questa cosa".
Una bella "cosa". Qualcun altro dice meravigliato che quella
scritta graffiata sull'intonaco proprio non l'aveva mai vista, eppure
ci passava davanti quasi tutti i giorni. I solchi del graffito sono abbastanza
larghi ma non profondi; le scritte sui muri si fanno veloci, in qualsiasi
epoca. Il tempo, poi, smussa, leviga, cancella. O copre con la polvere
e lo smog delle auto. Nessuno, in sessant'anni, ha mai toccato la scritta,
per cancellarla o evidenziarla. A Tolentino l'eccidio di Montalto è
un capitolo molto importante della storia cittadina. Bene ha fatto, dunque,
il Comune a recuperare il graffito, proteggerlo, riportarlo all'attenzione
di passanti frettolosi (Corso Garibaldi è purtroppo un corso senza
passeggio, anche quando non c'erano le tettoie colorate degli ipermercati).
Anticipatore
dello spray, e, prima ancora, della pennellessa, il nostro anonimo graffitista
deve aver sentito tanta di quella rabbia (dolore) da uscire di notte (probabile)
attrezzato con un martello, scegliere la parete giusta (quasi ad angolo
con il Comune), cominciare a battere sull'intonaco, graffiarlo, solcarlo
velocemente, controllare le proporzioni delle lettere, scrivere parole
che avevano il suono della voce (ha scritto Montaldo, con la D, nella
storpiatura dialettale). Questo graffito è una dedica (in memoria)
e una ricompensa d'altissimo valore: gloria ai martiri. C'è anche
l'amara consapevolezza di quanto è accaduto: trucidati da mano
fratricida. Una consapevolezza che sottolinea la drammaticità con
la quale si sono svolti gli eventi.
Martire significa "testimone", ed è nome dato nei primi
secoli del Cristianesimo a chi, per testimoniare la propria fede, sopportava
le persecuzioni e la morte. Il concetto si è poi esteso a quanti
sacrificano la proprio vita per un ideale. Sono quasi sempre giovanissimi.
Erano di Buenos Aires, Santiago, Gerusalemme. Di sicuro, in queste città
c'è un muro graffiato dedicato a loro.
mdn
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Tra la Maddalena e La Sfercia, lungo la statale che collega l'Adriatico
all'Umbria attraverso il valico di Colfiorito o la Valnerina, passano
i rifornimenti nazifascisti diretti al fronte di Cassino dove si combattono
soldati di 25 nazionalità. Sulle montagne del maceratese sopra
la strada, tra la valle del Chienti, Caldarola, Fiastra, Gaiole, Camerino,
i partigiani controllano borgate, paesi e montagne, le perdono e le riconquistano.
Assaltano i convogli che transitano a fondo valle per poi ritirarsi nei
boschi sopra il Fiastrone. E' il marzo del '44, la guerra è senza
esclusione di colpi. Basta una spiata, strappata sotto tortura, per scatenare
I'offensiva contro le basi dei combattenti, operai e contadini del maceratese,
con nomi comuni o impegnativi (Spartaco), c'è il mitico tenente
"Acciaio", ci sono militari sbandati dopo l'8 settembre Ci sono,
a combattere su queste montagne, i partigiani jugoslavi, quasi uno scambio
perché alcuni soldati maceratesi che l'8 settembre si trovavano
in Croazia e Montenegro sono passati con la resistenza titina. A fondo
valle ci sono i gap (Tolentino verrà insignita della medaglia
d'argento al valor civile), ma la rete di solidarietà che protegge
la resistenza si estende fino agli ultimi casali dei Sibillini. Nella
seconda metà di marzo, fascisti e tedeschi catturano dei combattenti;
qualcuno resiste alle torture
fino alla morte, qualcuno crolla, parla, viene usato dai nemici per individuare
basi e nascondigli. Così, il 22 parte la spedizione nazifascista
per un gigantesco rastrellamento della montagna che si concluderà
con l'eccidio di Montalto, più di trenta uomini trucidati, in gran
parte fucilati sul posto, qualcuno più tardi a fondo valle. Intanto,
dall'altra parte della montagna un convoglio nemico viene attaccato e
distrutto dai partigiani. Come in altre storie di lotta partigiana, l'opera
dei macellai di Montalto - che finiscono i partigiani sopravvissuti alla
fucilazione con il colpo di grazia - resta incompiuta: un uomo sopravvisse,
inondato di sangue che sgorga dalle sue vene e da quelle dei compagni
uccisi che lo ricoprono. Si salva un uomo, un partigiano, cosicché
la memoria resta, e non si può cancellare. Capiterà la stessa
cosa anche in un altro fondo valle in Noritalia, nel Verbano, a Fondo
Toce, nella strage che scrive la parola fine sulla Repubblica dell'Ossola.
Il sopravvissuto racconterà un'altra strage nazifascista. Tolentino,
Macerata e le montagne dove infuriano i combattimenti verranno liberate
prima dell'alto Piemonte, un paio di mesi dopo l'eccidio di Montalto.
[da un articolo di Loris Campetti,
il manifesto, giugno 2002]
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