Le generazioni
del pollice
Un ragazzo tiene il suo telefonino con due mani e batte sulla tastiera con
i pollici. E' veloce. Scrive un messaggio abbastanza lungo. Su una normale
tastiera di computer (così come su una vecchia macchina per scrivere),
al pollice è data la funzione di spaziatura; un gesto senza parole,
che crea una scansione preziosa, una pausa senza la quale non ci sarebbe
comunicazione, ma un filo alfabetico incomprensibile.
Il pollice sulla tastiera del telefonino sostituisce tutte le altre dita,
sia per scandire numeri di chiamata sia per scrivere messaggi nel gergo
del frammento. Qualche ragazzo usa una mano sola. Lo stesso ragazzo, forse,
anni prima (non troppo in là) già esercitava il pollice sull'impugnatura
di un joystick, in preda a convulsioni da pilota aerospaziale in continuo
lancio di proiettili laser.
E' solo una questione di adeguamento all'impugnatura degli utensili hi-tech?
Conosco ragazzi che battono i pollici anche sul telefono di casa (lo usano
di rado, ormai sono collegati telefonino-telefonino). Con i pollici si va
più veloci. Ma questa velocità spesso rallenta, perché
dall'altra parte dell'onda la risposta si fa attendere o non c'è
risposta alcuna.
Altre funzioni pratiche del pollice non mi vengono in mente, a parte il
suo trasferimento in una impronta digitale. Tutte le dita vengono inchiostrate
per la stampa della propria identità. Questo è un argomento
che oggigiorno suscita dibattito, per via di impronte extracomunitarie e
impronte italiche. Se impronta dev'essere, che sia per tutti.
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Un bel po'
di anni fa c'è stata la generazione del pollice
orizzontale. Fa parte del linguaggio dei gesti, ed era pratico
per risparmiare denaro. L'autostop oggi è poco o per nulla praticato;
non ci si fida di nessuno. Peccato.
Il linguaggio del pollice del viaggiatore non era uguale per tutti. C'era
il pollice fermo, a braccio disteso e bloccato, sia che passasse un'auto
con solo guidatore sia che passasse un'auto carica di persone e valige,
o autobus di linea o camion o motociclette.
C'era il pollice accompagnatore, che con
un movimento avanti e indietro indicava un là, una direzione. Era
un gesto che accompagnava lo sguardo degli automobilisti, che rispondevano
con smorfie, o secchi no della testa, o con un gesto breve della mano
per dire che facevano poco strada, che erano arrivati.
C'era anche il pollice inesistente, ed era
degli autostoppisti forniti di cartello di cartone con su scritto a pennarello
la città. Ricordo scritte impensabili, al casello di Ancona, che
indicavano mete oltreconfine: Amsterdam, Parigi, Oslo.
Il linguaggio del pollice lo usano anche i piloti e i sub, con la differenza
che un pollice in alto per uno è ok e per l'altro è tirami
su. Credo sia così.
Il primo linguaggio del pollice l'ho appreso dai film ambientati nell'antica
Roma. L'imperatore ascoltava la folla, poi esprimeva il verdetto: pollice
in basso era la morte per il gladiatore sconfitto, pollice in alto era
la sua salvezza. Scene di crudeltà.
Il pollice in senso zoologico e antropologico sarà per un'altra
volta. Ci sono scimpanzé che hanno i nostri occhi e le nostre mani.
E ci sono degli uomini che non hanno nemmeno il cervello degli scimpanzé.
Darwinianamente parlando, qualcosa non funziona.
Pollicino è il protagonista di una fiaba di Perrault. Siccome è
alto un pollice deve essere furbo. Che strano, c'è un Cavaliere
un po' basso che si dà un gran daffare con i pollici dei nostri
televisori. Sarà fiaba o horror?
Un ragazzo batte i pollici sulla tastiera del telefonino. Non può
che inviare un messaggio d'affetto, verso un amico, la ragazza, o anche
verso un genitore.
Se non disturba (perché personale) vi racconto un piccolo fatto
vero. Una mamma scrive (con il pollice) un "messaggino" al figlio
in vacanza: Ciao tesoro. Spero tutto bene. Che dio ti benedica. Un bacio.
Mamma.
Non passa un minuto e, bip bip, arriva una risposta: Cara mamma di non
so quale figlio, hai sbagliato numero. Però grazie lo stesso per
la benedizione.
mdn
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