C O N T R O S E N S O

 

La guerra. Una bestemmia, un insulto. Una "porca guerra". Nell'impotenza quotidiana, di fronte alla paura, al terrore, ai massacri veri mescolati a falsi massacri (ugualmente devastanti, come certi film, certi spettacoli, certe pubblicità), nella nostra "debole intelligenza" viene voglia di disprezzare il bellicismo quotidiano (verrebbe da dire: "imbecillicismo" quotidiano) con qualche battuta ironica, a volte stridula, altre volte leggera, senza strappare sorrisi. Il tema è terribile. Ma c'era e c'è il bisogno di un rifiuto della guerra. Forse solo nostro, ma non eravamo e non siamo pochi. Il nostro è un rifiuto e basta. Vale per tutte le guerre, porche guerre, anche per quelle che purtroppo dovranno scoppiare.
Slogan, deriverebbe dallo scozzese e significherebbe: urlo di guerra. Qui vale il contrario: urlo di pace. Resta ugualmente un urlo, con la sua rabbia e la volontà di farsi sentire, di gettare la voce verso una direzione, anche se siamo consapevoli che l'ago della coscienza sta impazzendo e non può indicare più niente.
Speriamo che a qualcuno venga voglia di ritornare a scrivere su un muro, su un cartello, su uno striscione per riportare le parole alla loro appartenenza: all'urlo di pace della gente, non più silenziosa, non più attonita. Vorremmo anche che queste battute, non scelte per il solo linguaggio, non fossero mai attuali.
Resta il fatto che noi giochiamo con le parole e qualcun altro organizza war-games senza simulazioni.

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